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Potere disciplinare del datore di lavoro


Potere disciplinare del datore di lavoro

Provvedimenti disciplinari, modalità di comunicazione

Di Bonaventura Franchino – 23 marzo 2019

La corte di Cassazione,sez Lavoro,con la sentenza 7306 del 14 marzo 2019 ha affrontato il tema della comunicazione della contestazione disciplinare con particolare riferimento alla ipotesi di tentativo di consegna a mani in busta chiusa ed il conseguente rifiuto del lavoratore a sottoscriverne la ricevuta. La Corte ha affermato il principio in base al quale, in simile ipotesi, occorre procedere alla lettura della contestazione ovvero ad informare sommariamente il lavoratore del contenuto

La scelta di consegnare a mani la lettera di contestazione disciplinare è preferibile all’invio a mezzo raccomandata in quanto consente di avere certezza circa la data di consegna evitando i rischi della raccomandata ( smarrimento, mancato ritiro,etc )

La vicenda presa in esame dalla Corte è la seguente : dopo l’assenza ingiustificata dal posto di lavoro ,durata otto giorni, di un suo dipendente, il datore, che aveva già contestato l’assenza , una volta ripreso il lavoro, convocava il lavoratore durante l’orario di lavoro per consegnargli, a mani, la lettera contenente la sanzione disciplinare ( 10 giorni di sospensione dal lavoro e della retribuzione ) con il conseguente del lavoratore di ricevere la lettera contenuta in una busta chiusa

In conseguenza di tale rifiuto l’azienda provvedeva ad inviare la sanzione mediante raccomandata che veniva consegnata solo dopo l’esecuzione della sanzione ; il lavoratore ,assumendo di non aver mai aperto la busta di cui era stata tentata la consegna, adiva il Tribunale di Milano che annullava la sanzione ritenendo la contestazione disciplinare mai comunicata prima della sua esecuzione

Tale provvedimento veniva sottoposto alla valutazione della Corte d’Appello che confermava la sentenza impugnata

La società datrice proponeva ricorso avanti la Corte di Cassazione che annullava la sentenza dei giudici di merito sul principio in base al quale “esiste l’obbligo del lavoratore subordinato di ricevere sul luogo di lavoro e durante l’orario di lavoro comunicazioni, anche formali, da parte del datore di lavoro o di suoi delegati, in considerazione dello stretto vincolo contrattuale che lega le parti di detto rapporto, sicché il rifiuto del lavoratore, destinatario di un atto unilaterale recettizio, di riceverlo comporta che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, in quanto giunta ritualmente, ai sensi dell’art. 1335 c.c., a quello che, in quel momento, era l’indirizzo del destinatario stesso”.

Nei fatti veniva imputato al datore di non aver provato a consegnare la sanzione al lavoratore al punto di ricorrere alla notifica a mezzo raccomandata

Si precisava altresì che la persona incaricata della consegna a mani del provvedimento, non conosceva il contenuto della busta e che non aveva tentato di aprire la busta per leggerne il contenuto al lavoratore

Avverso tale sentenza veniva nuovamente proposto ricorso per cassazione che questa volta confermava la sentenza impugnata confermando che la tentata consegna di una comunicazione in busta chiusa, senza che sia data lettura del suo contenuto, non consente al destinatario di accertare l’oggetto della comunicazione impedendo così il perfezionamento giuridico della consegna

Nei fatti, pur ritenendo valido il principio che impone al lavoratore di ricevere la lettera di contestazione disciplinare veniva precisato che nel caso n parola non si trattava di rifiuto non sussistendo alcuna prova circa la consegna o del suo tentativo

In virtù dell’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, per niente contraddetto dalla sentenza oggi in commento, si ritiene confermata la prassi in uso presso le aziende nelle ipotesi di rifiuto del dipendete a riceversi una comunicazione ufficiale (in special modo se trattasi di contestazioni disciplinari o sanzioni ) che, sinteticamente, può così riassumersi:

- il datore di lavoro, può convocare un dipendente e, alla presenza di uno o più testimoni, può consegnare allo stesso la comunicazione chiedendogli di controfirmarla per ricevuta;

- nell’ipotesi di rifiuto del lavoratore di controfirmare la comunicazione il datore di lavoro deve leggerne il contenuto in sua presenza o comunicargli sommariamente il contenuto;

- una copia della comunicazione deve essere sottoscritta dai testimoni che ne attestano anche la lettura alla presenza del lavoratore.

A tal punto la consegna della comunicazione deve ritenersi perfezionata anche se è ritenuto opportuno inviarne una copia al lavoratore per raccomandata, avendo cura di far riferimento al suo rifiuto alla ricezione opposto alla presenza dei testimoni

Tale missiva deve ritenersi oltre che opportuna anche necessaria atteso che , come disposto dalla sentenza della Cassazione 3 giugno 2015, n. 11479, in tema di licenziamento, la prova della comunicazione per iscritto del licenziamento non può essere sostituita dalla deposizione dei testi su tale circostanza, non essendo ammessa la prova testimoniale di un contratto (o di un atto unilaterale) di cui la legge preveda la forma scritta a pena di nullità (come lo è per il licenziamento) se non quando il documento sia andato perduto senza colpa.

Anche in tema di consegna dell’atto di licenziamento sul luogo di lavoro, il rifiuto del lavoratore di riceverlo non esclude che la comunicazione debba ritenersi regolarmente avvenuta, trattandosi di un atto unilaterale recettizio che non sfugge al principio generale per cui il rifiuto della prestazione da parte del destinatario non può risolversi a danno dell’obbligato, ed alla regola della presunzione di conoscenza dell’atto desumibile dall’art. 1335 c.c. (Cass. 27 luglio 2017, n. 18661; Cass. 18 settembre 2009, n. 20272; Cass. 12 novembre 1999, n. 12571).


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